Il vento birmano
E' di queste settimane la notizia della vittoria di Aung San Suu Kyi alle ultime elezioni politiche birmane del 1 aprile scorso. Vittoria parziale trattandosi della elezione di solo un 10% dei parlamentari, le elezioni complete avranno luogo nel 2015.
Comunque un segnale importante di cambiamento in atto nel paese, un cambiamento a lungo auspicato che sembra avere subìto negli ultimissimi tempi una improvvisa accelerazione: se si pensa che la repressione nel sangue dei manifestanti anti regime capeggiati dai monaci buddhisti risale al solo autunno 2007 e gli abusi e i massacri a carico delle minoranze etniche lungo il confine orientale del paese non sono ancora cessati, nonostante alcuni gruppi stiano trattando un cessate il fuoco con il regime.
Più che aria di cambiamento sembra un vero e proprio vento quello di Rangoon.
Come prevedibile, ora che si stanno aprendo nuovi spiragli di sviluppo in un paese dalle enormi risorse ma per oltre 60 anni mantenuto in uno stato di assoluta indigenza da un regime militare becero ed affarista, il resto del mondo si risveglia dal torpore e punta gli occhi sul paese.
Diplomazie e uomini d'affari dei vari paesi 'sviluppati', tra cui l'Italia, che per anni hanno ignorato gli abusi, le violazioni dei diritti civili, le deportazioni forzate, i massacri operati sistematicamente dal regime ai danni della popolazione birmana, specie delle minoranze etniche, ora stringono la mano ai generali di Rangoon trattando per una fetta della torta che si prospetta allettante, in nome di una presunta democratizzazione del paese. Tutto questo fa parte inevitabilmente del processo di transizione, anzi sembra ne sia la sostanza.
Reability, che da anni supporta le minoranze etniche, senza godere di alcun aiuto da parte delle istituzioni, guarda a questo processo di cambiamento senza lasciarsi ingannare dagli specchietti per le allodole messi in atto dal regime birmano e dalle diplomazie internazionali.
Il nostro impegno in favore dei profughi interni continua ora che i giochi si fanno più grandi, che ad una dittatura militare rischia di sostituirsi una dittatura di mercato e a farne le spese potrebbero essere ora più di prima proprio le piccole comunità rurali, i 'senza voce', i deboli tra i deboli, i possibili futuri 'sin tierra' karen dai diritti mercanteggiati.
Proprio in queste settimane stiamo svolgendo una missione sui nostri progetti tra Thailandia e Birmania, vi terremo aggiornati quindi sugli sviluppi.
A presto